Nel ciclo di incontri (virtuali) sull’adolescenza, non poteva mancare un post specifico, e decisamente più serio, sul tema alimentazione, che in questa fase della vita dei nostri figli assume un connotato assolutamente più forte. Partiamo dal presupposto che sono una mamma decisamente attenta al discorso alimentare, in primo luogo per alcune scelte personali che ho fatto che incidono comunque sulla tavola e chiaramente anche rispetto ai miei figli. Non sono quella che si può definire una integralista alimentare, gli sgarri sono concessi, le porcherie entrano in casa, ma il consumo non è abituale. Detto questo sono consapevole che certe età della vita dei nostri figli siano più “pericolose” di altre in tema alimentazione, perchè possono determinare delle prese di posizione tutt’altro che salutari, che possono sfociare in vere e proprie malattie.
Ecco quindi quello che ho imparato nel corso della mia vita sulla relazione tra adolescenza e alimentazione.
Alimentarsi bene fa bene, una corretta educazione alimentare fin da quando i bimbi sono piccoli può determinare un corretto comportamento alimentare anche da adulti. Questo ovviamente in linea di principio e in senso generale. Però ho imparato da figlia prima e da mamma poi che proporre cibi sani fin da piccoli possa aiutare ad educare i gusti. Nella mia famiglia, essendo io vegetariana da una vita, i ragazzi mi vedono cucinare diverse tipologie di cibo, tanti legumi, tanti cereali, la carne e il pesce e diverse varietà di verdura. E ciascuno di loro assaggia quello che metto in tavola, ovviamente prediligendo un cibo rispetto ad un altro. Ma vedo che iniziano a modificarsi i gusti, anche in funzione del fatto che si iniziano ad interrogare su quali cibi facciano meglio e perchè.
La famiglia e le sue regole credo siano importanti per accompagnare il ragazzo in questo percorso di crescita, non sempre facile, per rassicurarlo, ma anche per educarlo alla salute e al benessere. Anche se probabilmente non sono sufficienti.
Ci sono età della vita dei nostri figli che possono ritenersi più a rischio rispetto al rapporto tra cibo e corpo, e di conseguenza tra corpo ed immagine che loro possono avere di sé.
L’alimentazione e il rapporto con il cibo, soprattutto in adolescenza, possono essere strettamente correlati ad aspetti di carattere psicologico ed emotivo soggettivo: richiesta di attenzione, dimostrazione di potere e di autonomia, consolazione, controllo, conferma.
Per esempio, un’attenzione maniacale per la propria immagine in fase adolescenziale potrebbe essere correlata alla richiesta di accettazione da parte della ragazza/o nei confronti dei suoi coetanei. Quasi come a segnalare che se si ha un corpo “accettabile”, si può risultare di conseguenza accettabili come persone.
L’adolescenza è una fase particolare nella vita di una persona, in relazione alla quale spesso possono presentarsi disturbi del comportamento alimentare in quanto, in questo periodo della vita, l’identità della persona non è del tutto definita e spesso c’è la tendenza di valutarsi, nel confronto con gli altri, prevalentemente in termini di aspetto fisico.
Appartenere al sesso femminile fa confrontare quotidianamente con canoni fisici di riferimento abbastanza faticosi da emulare, per l’eccessiva magrezza che mostrano o per la troppa perfezione che sottolineano e questo confronto (impari la maggior parte delle volte) può portare alla decisione di diete dimagranti, del tutto autodeterminate, frequentemente connesse con l’esordio del disturbo alimentare (senza tralasciare segnali quali la tendenza all’isolamento, iniziali fasi depressive, modificazioni dell’umore…).
Generalmente, dicono gli studiosi, prima dell’esordio del disturbo nella persona sono presenti problematiche legate all’autostima, perfezionismo, difficoltà interpersonali e nella gestione delle emozioni dolorose.
Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato che messaggi contenuti in riviste, social media (Fb e Ig in primis) possono essere cruciali per lo sviluppo di un’immagine corporea negativa; infatti è stato scoperto che osservare per qualche minuto fotografie di modelle eccessivamente magre da parte di adolescenti, porta maggiori livelli di depressione, stress, vergogna, senso di colpa, insicurezza e insoddisfazione corporea rispetto al confronto con ragazze copertina dal peso normale.
Tra i disturbi alimentari tipici di questa fase, come ben sappiamo, c’è l’anoressia: una malattia gravissima che colpisce per un 95% le donne in una fascia d’età sempre più precoce, collocabile tra i 15 e i 25 anni. Il percorso verso l’anoressia inizia solitamente con una dieta molto ferrea, passa per un controllo maniacale delle calorie ingerite e il rifiuto del cibo con la conseguenza di intaccare le funzioni vitali del corpo stesso.
Al pari dell’anoressia troviamo la bulimia e il Disordine Alimentare Incontrollato. In entrambi i casi il ricorso al cibo subentra per colmare un vuoto emotivo ben preciso. In questo caso il senso di disagio è raddoppiato dal senso di colpa seguito all’abbuffata che costringe la persona ad escogitare pratiche pericolose per smaltire le calorie in eccesso (come l’eccessivo sforzo fisico al limite con lo sfinimento o l’espulsione volontaria e autoprovocata del cibo assunto).
Per la mia esperienza è impressionante come il cibo possa essere uno strumento simbolico incredibile!!!!! Spesso la paura è di sottovalutare i sintomi e i segnali che portano con sé un problema o un disagio e che si scatenano proprio attraverso l’abuso/rifugio nel cibo o al contrario nel rigetto. Probabilmente l’errore è di pensare che chi usa il cibo in modo strumentale sia il ragazzo debole, mentre probabilmente si tratta di giovani insicuri, ma con grande senso di controllo e forte determinazione. Capita che il cibo possa essere un mezzo per affermare il proprio potere, soprattutto quando il sistema nel quale il ragazzo è inserito è molto rigido, severo, punitivo, giudicante o limitante e poco affettivo. Come se la limitazione o l’esagerazione nell’ingerire il cibo servisse per “punire” il familiare per la troppa rigidità, troppa severità, per evitare di passare inosservati (obesità), per dimostrare di essere trasparenti (anoressia).
E in realtà non si comprende in tempo che il vero male lo si fa a se stessi e non alle persone a cui si vorrebbe comunicare il proprio disagio. E che ancora una volta, educare a comunicare le emozioni è forse lo strumento più importante per crescere figli più sicuri ed in grado di accettarsi di più.
8 Comments
Perfettamente d’accordo bisogna insegnare a comunicare le proprie emozioni ai bambini si dà piccoli per avere adulti sereni e passare indenni dall’adolescenza
Marzo 31, 2017 at 3:57 pmDiciamo che anche se non si risolveranno tutti i problemi, parlare delle proprie emozioni, nominarle, aiuta ad essere più consapevoli. 😉
Marzo 31, 2017 at 6:17 pmPer quella che è la mia esperienza è molto importante circoscrivere bene i momenti dei pasti, renderli il più possibile allegri e sociali, non utilizzare mai il cibo come premio o punizione. Poi va da sé che aiutare i nostri ragazzi a costruirsi una buona autostima è tutto un altro paio di maniche…
Marzo 31, 2017 at 4:05 pmConcordo, il clima al momento del pasto è importante così come non strumentalizzare il cibo come arma ricattatoria.
Marzo 31, 2017 at 6:16 pmGrazie per essere passata!
È un argomento delicato che hai trattato con semplicità Le cose che dici sono vere. Personalmente cerco di render la cena il pasto della famiglia dove condividere le emozioni e la giornata. Un momento importante di condivisione coni figli
Marzo 31, 2017 at 4:28 pmGrazie, è un argomento che mi appassiona e spesso mi interrogo, visto che in casa nostra coesistono due differenti regimi alimentari e io stessa non ho un rapporto semplice con il cibo, nel senso che adoro cucinare ma non altrettanto mangiare. Per questo mi sembra giusto affrontare il tema perchè possa essere svelato e non sempre nascosto
Marzo 31, 2017 at 6:20 pmgrazie per il tuo pensiero!
Noi al momento viviamo il pasto come momento di conflitto, il che ovviamente mi preoccupa fortemente.
Marzo 31, 2017 at 6:22 pmCredo dipenda molto dall’età: quando sono piccoli la “lotta” affinchè mangino generalmente (meno frequentemente perchè non mangino) è all’ordine del giorno. Rifletti magari sul dare troppo peso all’oggetto cibo, o solo in alcuni momento piuttosto che altri. Se sono piccoli è difficile che possano decidere di smettere di mangiare, al massimo lo usano come ricatto: se vuoi che mangi allora…. Oppure noi stessi cadiamo nella trappola del “Se mangi, allora…”.
Marzo 31, 2017 at 6:26 pmL’attenzione cresce con l’aumentare dell’età, e di solito si va verso l’adolescenza che però oggi come oggi anticipa….