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Educazione

Adolescenza: tra feeling e conflitto aperto

conflitto e adolescenzaUn tema che non ho ancora trattato nel nostro ciclo di incontri virtuali sull’adolescenza è il tema del conflitto. Argomento particolarmente impegnativo, che vivo in prima persona proprio perchè in casa c’è una bellissima farfalla che sta spiegando le ali e abbandonando il suo bozzolo. Peccato che mentre l’infanzia spesso viene descritta con immagini poetiche, l’adolescenza è il periodo più prosaico di tutta la vita dei nostri figlioli.

Con l’adolescente la relazione è estremamente complessa e variabile, perchè nell’arco di un intervallo brevissimo di tempo si passa dal tempo sereno ai rovesci temporaleschi, dal feeling al conflitto aperto. 

L’adolescente non ha mezze misure, tanto meno si colora di tinte pastello. Con lui è tutto bianco o nero, tutto dritto o rovescio, tutto tragico o tutto comico, completamente incapace di trovare una via di mezzo. Ma non perchè non voglia, ma proprio perchè non ha gli strumenti per tracciare una mediazione tra le varie polarità.

In questa fase completamente altalenante dal punto di vista emotivo, comportamentale, razionale e relazionale, l’adulto è invischiato continuamente in quello che una volta lessi in un articolo di Nostrofiglio.it, ossia nel gioco del tiro alla fune: chiaramente anche se il giovane ha maggiore forza fisica, è l’adulto che può vincere la partita facilmente, quanto meno esercitando il suo potere. Ma in realtà ciò che è importante per l’adolescente è solo che noi manteniamo l’altro capo della corda. La consapevolezza che qualunque strattone, o qualunque diminuzione delle tensione da parte sua, non comporti un abbandono della corda da parte nostra, ma solo una differente tensione esercitata sulla stessa.

IO TI ODIO

Se ripenso alla mia adolescenza, ricordo che un sentimento che sentivo o quanto meno dicevo a parole spesso, se non proprio in faccia alle persone, nella solitudine della mia stanza era l’odio.

Se penso all’odio ora e se pensassi che mia figlia possa provare odio nei miei confronti, mi dispiacerebbe tantissimo, ma probabilmente per il significato che do io a questo termine e senza fermarmi a pensare a quello che dà lei o che significa per lei. Quando ero io adolescente mi riempivo la bocca della parola odio, ma non ricordo nemmeno un momento in cui questa cosa abbia lasciato strascichi nel rapporto con i miei genitori. Avevo bisogno di odiarli, e avevo bisogno di pensare che loro potessero sopravvivere e soprassedere a questo odio, senza indagarne le cause o le origini, semplicemente tollerandolo. Un pò come nella storia di Nemo quando dice a suo padre che lo odia perchè non lo capisce, o non lo lascia libero, o gli tarpa le pinne… siamo noi che lo leghiamo a quelle possibili situazioni, ma magari lui deve solo buttare fuori la sua frustrazione e la parola ODIO gli fornisce un senso liberatorio. Si dice che piuttosto dell’indifferenza sia meglio l’odio perchè è pur sempre un sentimento….forse sì, di fatto l’adolescente lo dice, anche se forse non lo prova del tutto, ma più probabilmente prova cose a cui non sa dare un nome e sceglie comunque di dirle usando parole che si avvicinano alla sensazione che avverte.

IMPARARE A LITIGARE BENE

Nel momento in cui l’adolescente prova odio e lo dice nella segretezza delle proprie stanze, non si genera conflitto esplicito, mentre invece il conflitto (lo dicono diversi esperti) tra genitori e adolescenti è sano, perchè genera una relazione seppur faticosa, ma significativa.

Imparare a litigare bene. Non serve mettere i figli sotto una sfera di cristallo preservando se stessi e loro da situazioni di conflitto, perchè significherebbe impedire loro di crescere e noi con loro.  Il conflitto può essere una preziosa occasione di crescita bidirezionale, un’opportunità, perchè anche noi genitori dobbiamo imparare a cambiare il nostro rapporto con loro man mano crescono. La cosa difficile è litigare bene, evitando toni della voce troppo accesi (molto difficile!), gli eccessi, le colpevolizzazioni, le svalutazioni, le imposizioni. Il litigio di fatto deve poter avere una forma di scambio, di dialogo, altrimenti non genera cambiamento, ma rimane sterile affermazione.

Spesso noi adulti evitiamo il conflitto per paura: di essere giudicati male, di essere additati come guastafeste e rompiscatole, di non avere il tempo per risolverlo. Spesso lo evitiamo perchè siamo consapevoli di essere poco presenti e quindi decidiamo di essere “accomodanti” nei loro confronti per evitare la classica sentenza: “Non ci sei mai e quando arrivi non fai altro che rompere!”. Da una parte credo sia comprensibile, del resto le relazioni hanno bisogno di tempo e di investimento personale per essere costruite. Ma va ricordato che noi abbiamo un ruolo nei loro confronti e che la relazione con loro va guadagnata giorno per giorno, anche nei pochi minuti che abbiamo per stare a casa. Non è importante starci, ma esserci. E lasciare scegliere anche a loro, in alcuni momenti, i modi in cui esternare il loro disappunto, o la loro frustrazione (anche utilizzando strumenti a loro più vicini come whattsap, o una mail…), senza scegliere od obbligare noi. La cosa importante è che il momento dello scontro non venga annullato o evitato.

E’ a quel punto ci riconquistiamo il dovere di confliggere con loro, perchè se questo è il lavoro del genitore e dell’adulto, lo si deve fare.

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